«Il dispositivo per l’ossigeno è un fedele compagno»
La terapia con modulatori ha migliorato notevolmente la vita di molte persone affette da fibrosi cistica. Purtroppo c’è ancora chi non può beneficiarne, come la dodicenne Mariam. Ciononostante, la ragazza ha un’incontenibile voglia di vivere, ama andare a scuola e preferirebbe essere come gli altri bambini e le altre bambine.
Mariam ha una risata contagiosa. Quando le chiedono come sta, risponde
«bene», nonostante la sua FC, nonostante i polmoni già gravemente danneggiati. Mariam effettua inalazioni tre volte al giorno e segue regolarmente trattamenti respiratori e fisioterapici. Diligente e determinata com’è, Mariam fa anche esercizi da sola. «Ma il miglior fisioterapista sono io», dice il fratello minore Luka. «Quando la faccio ridere, Mariam deve tossire ed è utile per eliminare il muco che le ostruisce i polmoni.» Mariam lo guarda e inizia a ridere. I due vanno molto d’accordo, anche se spesso si prendono in giro e a volte si infastidiscono a vicenda. «Proprio com’è normale tra fratello e
sorella», afferma Mariam.
Stato di salute fragile
Il decorso della malattia di Mariam è grave. Quando si sforza fisicamente a scuola o nel tempo libero, ha bisogno di ossigeno. Per questo, il dispositivo per l’ossigeno è il suo fedele compagno. Di notte dorme con un respiratore. A ciò si aggiungono gli antibiotici che assume sin dall’inizio del trattamento. «Se la mia salute dovesse improvvisamente peggiorare, avrei paura», confida pensierosa. Mariam ha già avuto due appuntamenti all’Ospedale Universitario di Zurigo per discutere di un possibile trapianto di polmoni. Tuttavia, non è ancora urgente e potrebbe essere un’opzione concreta solo all’età di 18 anni. Anche perché, come il resto del corpo, i suoi polmoni stanno ancora crescendo. Mariam spera che la terapia fagica, attualmente in fase di ricerca presso il CHUV, possa un giorno aiutarla. Anche se al momento non può beneficiare della terapia con i modulatori, sostiene: «La vedo ancora in maniera positiva, perché sono convinta che presto ci saranno medicamenti anche per me!».
A scuola anche in ospedale
Quando chiedono a Mariam della scuola, i suoi occhi si illuminano. Sua madre Marine la sostiene affinché non perda nessuna lezione. Dato che Mariam trascorre circa otto settimane all’anno in ospedale a causa dei trattamenti antibiotici, è necessario consultarsi con gli e le insegnanti, che comunicano gli argomenti che tratteranno, in modo che Mariam possa seguire il programma di studio dall’ospedale. Per qualsiasi domanda si rivolge al personale docente dell’ospedale. Ma a Mariam non piace solo imparare a scuola, bensì anche il lavoro manuale. «Quando ho abbastanza energia, cucio piccole borse colorate che regalo». La madre mostra con orgoglio la sua borsetta, cucita in modo impeccabile, in cui tiene il cellulare. «In ospedale mi conoscono tutti», dice Mariam con orgoglio, «ma
sono più felice quando la mia famiglia viene a trovarmi». La madre aggiunge: «Al CHUV c’è un team fantastico che ci sostiene anche mentalmente. E grazie a FCS, riceviamo un sostegno finanziario
per gli innumerevoli giorni che Mariam è costretta a trascorrere in ospedale, dove andiamo a trovarla il più spesso possibile».
Uno sguardo al futuro
La malattia di Mariam non è un ostacolo per i suoi compagni e le sue compagne di classe. Anche i suoi insegnanti e le sue insegnanti la sostengono. «A essere sincera, non vedo alcuna differenza tra me e i miei compagni e le mie compagne di classe», afferma con sicurezza. Sua madre aggiunge: «Una volta, durante la pandemia di Covid, un’infermiera è andata a scuola e ha spiegato cos’è la fibrosi cistica, perché Mariam tossisce così tanto e che la malattia non è contagiosa». Se chiedono a Mariam quali sono i suoi progetti per il futuro o quale carriera vorrebbe intraprendere un giorno, esita: «Non lo so ancora. È difficile rispondere a questa domanda, perché sono interessata a molte cose».
Essere come gli altri bambini e le altre bambine
Mariam non ha paura di non poter fare tutto ciò che vuole. «Trovo sempre il tempo», dice sorridendo. «Se non oggi, domani». Come riesce a rimanere positiva nonostante la malattia? «Sono molto ottimista per la maggior parte del tempo. Ma se devo andare in ospedale o se succede qualcosa di imprevisto, naturalmente è più difficile per me. Come una volta in ospedale, quando per inserire il catetere, hanno dovuto pungermi con l’ago tre o quattro volte». Mariam piangeva per il dolore; all’epoca era ancora molto piccola. Anche per i suoi genitori è stato difficile sopportare questa situazione. I segni si vedono ancora oggi. «Fortunatamente, negli ultimi cinque anni non ho subito alcun intervento chirurgico», afferma Mariam sollevata. È gelosa degli altri bambini e delle altre bambine che non hanno malattie? «No, anche se a volte vorrei essere come loro. Perché posso fare tutto quello che fa la mia migliore amica». O quasi...